Beh se sei arrivato qui ti faccio i miei complimenti! Ecco a te la seconda e ultima parte del breve racconto...Francesco di aspetta!
[...] spense il telefono e iniziò a passeggiare. La città che si svegliava era interessante. Sulla via principale vedeva aprirsi uno dietro l’altro, i piccoli negozi e le botteghe. I mattinieri sportivi correvano sul suolo libero, prima di incappare nella fiumana dei pendolari quotidiani. Il sole appena alto in cielo non riscaldava abbastanza le strade, le nuvole coprivano dolcemente e parzialmente il cielo. Francesco continuava a camminare, dritto davanti a sé. Respirava ogni instante della sua città. Poi si indirizzò inconsciamente al molo lì vicino. Il bar dove lavorava era piuttosto di lusso, le ampie vetrate davano sul mare, aveva deciso quindi di non guardarlo tra i riflessi dei vetri ma più da vicino. Arrivato al molo si sedette su una panchina a guardare l’orizzonte. Una gelida brezza gli attraversava i capelli, era inverno. Ma non gli dava fastidio quel freddo, anzi quel vento leggero e pungente lo faceva sentire vivo. Ammirava le poche barche ormeggiate che rollavano piano. Gli sembravano una ballerina che faceva la giravolta. Rimase a perdersi con lo sguardo nel mare freddo ma che gli dava calore. Francesco in quel momento non pensava, non si curava dei sui gesti, non sentiva nessuno. Si era talmente isolato che non sentiva neanche più il rumore del mare. Solo il suo respiro calmo e freddo. Sentì una forte energia in quel frangente, prese la forza e la distanza dal parlare con il mondo perché finalmente ascoltava sé stesso. In realtà a Francesco piaceva il suo lavoro, ma si era trovato lì per necessità. I soldi che a casa non bastavano, i fratelli da badare, il suo sogno di andare via e magari finire gli studi. Francesco era qualcuno lì davanti al mare, non era nessuno. Era fatto di carne, cuore, sangue e sogni come tutti. Aveva desideri, progetti e idee, come tutti. Aveva freddo, sonno e voglia di vacanza, come tutti. E mentre guardava i raggi del sole illuminare le piccole creste che le onde silenziosamente formavano, affidò le sue speranze al vento. Un gabbiano gli passò davanti, in picchiata pescò un pesciolino saltellante e lo mangiò avidamente. Si spezzò l’incantesimo. Il gabbiano sembrava uno di quei clienti che beveva il caffè e poi andava via. Il solito bar. Quel pennuto candido lo aveva riportato alla realtà e lui da bravo ragazzo responsabile sapeva che la vacanza era finita e doveva tornare al lavoro. Avrebbe cambiato tutto ma non quel giorno, perché era fin troppo certo che alla fine, non era solo colui che miscelava il caffè. Lui era consapevole che era qualcuno, era l’amico, il fratello, l’amante, il comico, il consigliere…e tutto ciò che serviva.
©Kira...Writer
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